Lunedì, 28 Gennaio 2013 11:02

La primavera araba di Religioni e società. L'editoriale del prof. Nesti

Scritto da  Gerardo

Qui di seguito riportiamo l'editoriale del prof. Nesti al nuovo numero di Religioni e società, uscito con il titolo ‘Primavera araba’: autunno islamico?, a cura di Tiziana Chiappelli e Afef Hagi.




Editoriale.
Dopo la ‘Primavera araba’ e dintorni, gli sbarchi a Lampedusa annunciano l’arrivo dell’autunno islamico?
di Arnaldo Nesti

Un anno fa il giovane tunisino Mohammed Bouazizi decideva di darsi fuoco, reagendo in tal modo ai soprusi e alla indifferenza delle autorità e delle istituzioni tunisine. Ricoverato in ospedale, morirà dopo tre settimane di atroce agonia. Il mondo intero rimase colpito da questa drammatica vicenda ma in modo particolare, grazie ai nuovi strumenti di comunicazione diffusa e atomizzata, come i social networks e i blogs, essa impressionò i paesi arabi al punto che ne seguì una rivolta popolare come segno dell’anelito di libertà. Si spesero parole sulla rinascita e l’irreversibile ‘Primavera araba’, sulla forza della democrazia dal basso. Anch’io mi sono trovato a concordare con quanto osserva Tariq Ramadan nel suo libro "L’Islam et le Reveil", e cioè che si debba ritenere irreversibile il movimento che ha portato alla fine di importanti dittature. Per quanto siano numerose e violente le manifestazioni che si sono scatenate anche in seguito alla pellicola "Innocence of Muslims", ben al di là del suo riscontro mediatico, esse sono relativamente marginali rispetto alla comunità islamica mondiale nel suo complesso.

A distanza di un anno, però, dopo che il Maghreb ha combattuto coraggiosamente i regimi cercando di gestire il proprio destino, i nuovi governi stanno deludendo. Stato per Stato, dopo il grido per rivendicare i diritti, la libertà, la giustizia, il lavoro e la propria dignità, le prospettive sul futuro sono ancora buie. L’elettorato pare che abbia risposto solo ad una esigenza di riscossa identitaria dopo aver vissuto in una situazione repressa, sia internamente che esternamente. Ma dopo l’identità cosa rimane? Poco o niente, perché i partiti arrivati al potere stanno tradendo le aspettative. Le primavere arabe hanno lasciato dei vuoti e del vuoto approfittano per inserirsi quei poteri che, pur senza la spinta emotiva dei movimenti popolari, hanno meccanismi e attitudini predeterminate al comando. Che cosa sta accadendo in Egitto? Dopo piazza Tahrir e la fine di Mubarak sono arrivati Muhamed Morsi, i Fratelli Musulmani, e un’ondata di conservatorismo islamico che ha trovato terreno fertile. Le recentissime dimostrazioni, al di là del tradizionale confronto fra sunniti e sciiti, mostrano come sia in atto una dura lotta fra i letteralisti e i riformatori. I partiti salafiti, come gli egiziani di Al-Nour, hanno un’interpretazione pedissequa dei sacri testi. C’è un legame che si sta rafforzando fra i gruppi letteralisti e i gruppi armati islamici che tendono ad ostacolare il processo di democratizzazione in corso nella regione. Il populismo sta soffiando su un terreno fertile a livello socioculturale. Le forze che hanno avuto la capacità di abbattere i poteri consolidati come quelli di Mubarak, Gheddaffi, Ben Alì saranno in grado di costruire il nuovo edificio sociale di cui c’è bisogno? Alcune specificità arabe sono ostacoli che non è facile aggirare: come creare un quadro istituzionale in cui siano possibili relazioni distese tra lo stato e l’islam? Come consentire eguali diritti alle minoranze etniche e religiose? La diffidenza e la paura verso l’islam e i suoi seguaci lega tutta la comunità copta. Come equilibrare i redditi finora basati spesso sugli abusi e la corruzione? Come risanare una burocrazia inefficiente e asservita ai potenti? Come rifondare il sistema giudiziario? Come fare dell’esercito e della polizia strumenti di servizio della società civile?

Gli sbarchi sulle coste siciliane, e non solo, sono il chiaro segno della insoddisfazione diffusa nonostante le promesse, e la riprova dell’arrivo, purtroppo, della stagione che potremmo definire dell’autunno islamico. In questo clima di delusione, di diffidenza, le masse che scendono in piazza (si tratta infatti dei ceti più deboli colpiti dalla crisi e dalla insicurezza politica), sono affamate. Sta perdendo tempo, pertanto, chi pensa di fondare una società islamica sulle orme di un passato che mai tornerà, invece di pensare a formare prima di tutto una società che sia plurale, basata sui diritti e i doveri di tutti, e non di chi porta più lunga la barba o meglio il velo. Potremmo poi chiederci ancora: quali rapporti stabilire con i paesi in cui i raìs o monarchi continuano ad esercitare poteri assoluti, sia pure contestati?


Religioni e società, la rivista di scienze sociali della religione, è edita da Fabrizio Serra editore, Pisa - Roma.

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